L’energia di un adolescente è chiamata a creare

Lo scrittore Alessandro D’Avenia scrive il libro “L’arte di essere fragili” con l’obiettivo di intraprendere un discorso con l’artista che ha ispirato tutta la sua vita, il poeta Giacomo Leopardi. Questi desiderava scrivere ad un ragazzo del XXI secolo, come scrive nello Zibaldone, e D’Avenia immagina di essere lui il destinatario di questa lettera mai composta. 

 

Lo scrittore si confronta con Leopardi rispondendo a quelle domande che sono comuni a tutti gli uomini, di ogni età e di ogni epoca, a cui è difficile trovare un’effettiva risposta nel nostro percorso di vita. Prima tra queste, qual è il significato della vita stessa, il perché esistiamo, il senso di vivere e muoversi nel mondo, quel “ove tende questo vagar mio breve?”, come afferma lo stesso Leopardi, per esprimere se in realtà vi è una direzione, un senso e un significato a ciò che ci è capitato: nascere. 

Io credo che la risposta a questa domanda sia contenuta in una parte centrale del libro, una parte centrale dell’esistenza, l’adolescenza, quando si capisce di essere degni di vivere la vita perché desiderosi di perseguire qualcosa di nostro soltanto. 

La risposta si racchiude in una frase di Alessandro D’Avenia: “Il senso della vita è il compimento”, ed è così, perché senza un compimento non avrebbe senso la nostra esistenza. Da dove deriva questo compimento? Da un rapimento. 

Il rapimento è una vera e propria chiamata ad esistere, ad essere un uomo e non una persona qualunque. Il rapimento, infatti, è una passione, un talento che scopriamo, da perseguire per tutta la vita. È un qualcosa che ci distoglie dalla vita di tutti i giorni e che ci fa appassionare ad essa. Quando veniamo rapiti da qualcosa sentiamo di meritare la bellezza delle cose, credendo e sperando in questa passione, in modo da creare terreno fertile al nostro futuro. 

Tuttavia, come abbiamo imparato dallo stesso Leopardi, e come viene emerge durante la lettura del libro, maturando, la maggior parte dei desideri vengono illusi, e si sprofonda in un amaro dolore. Ma è proprio da questo dolore che rinasciamo: è il dolore che ci fa nascondere e spinge a rifugiarsi nella nostra cosa più intima, il nostro rapimento. È il rapimento che ci offre il conforto che cerchiamo perché ci dice che non siamo sbagliati, che non siamo inutili in un’epoca dove molti traguardi sono stati già raggiunti. Questo avviene perché, oltre ad offrire conforto, ci offre la possibilità di non arrenderci alla vita e il motivo per cui non farlo: grazie al rapimento si può creare e plasmare la nostra persona. Per farlo, bisogna ovviamente essere fiduciosi e non abbandonarlo mai: il rapimento ci mette davanti ad una prova di fiducia, solo se riusciremo a raggiungerlo saremo in grado di definirlo vero e proprio rapimento, vero e proprio amore. 

Il talento, infatti, non è un’abilità innata, che ci viene donata alla nascita e subito sappiamo praticare, al contrario, è una qualità che va perseguita, che va maturata e che ci viene offerta dalla vita grazie alla capacità che possediamo di trasformarla in risultato. Capita a tutti, in tenera età o da adulti, di capire improvvisamente ciò per cui si è portati. A questo rapimento deve seguire una lotta al suo mantenimento e al suo sviluppo, faticoso e impegnativo. Il rapimento e il talento mostrano la vera e unica parte di noi stessi, della nostra interiorità, che sicuramente è diversa da ogni persona su questa terra. Partendo da questa passione abbiamo però l’obbligo di creare un qualcosa, di fare e lasciare nel mondo il bello, in modo tale che il nostro respiro non sia stato sprecato, e la nostra morte si traduca in arte di rinascere, perché solo chi lascia l’amore nel mondo verrà realmente ricordato, così da vivere per sempre.

 È per questo che D’Avenia dice “L’energia di un adolescente è chiamata a creare”, perché si sentirà felice di aver vissuto solo nel momento in cui capirà di aver impegnato il suo tempo e lo spazio nel mondo per qualcosa che ama. Infatti, della creazione non è importante il suo risultato conclusivo, quanto il processo creativo. D’Avenia nel libro fa l’esempio della madre incinta che dà alla luce un bambino. Ovviamente, il rapimento della madre è dovuto all’amore provato nei nove mesi ad attenderlo, e questo amore non può ridursi solo al parto e alla formazione del capolavoro. Ed è così in tutte le cose. Viviamo in un mondo dove tutto ormai viene prodotto a macchina, e ci si dimentica proprio del processo di creazione delle cose, perché troppo interessati al superficiale e disattenti alla profondità. Per questa ragione a volte dimentichiamo che per realizzare un progetto di vita c’è bisogno di dedizione e di cura, perché le difficoltà sono dietro l’angolo. D’Avenia afferma che “il compimento è un processo che conosce lotte, cadute, battute d’arresto” e dinanzi a questi contrattempi, se si è troppo distratti, si rischia di perdere la strada, di abbandonare la “retta via”, e di appassionarsi a qualcosa a cui non siamo destinati, a cui non sappiamo dar conto, con il solo risultato di sentirsi smarriti, come Dante nella sua immaginaria selva oscura. La dedizione è importante per il rapimento, come l’impegno di energie per realizzarlo. Infatti, dalle cadute, con passione e cura ci si alza più forti di prima. Dunque, la fiducia nel rapimento è essenziale per giungere al compimento. È una lezione appresa dallo stesso Leopardi, il quale decise di dedicarsi per tutta la sua vita al suo talento, alla passione che lo ha rapito fin da subito, la poesia. 

Leopardi non si è mai arreso alla poesia, non l’ha mai abbandonata, nonostante la sua strada sia stata sbarrata più e più volte, a cominciare dal mancato conforto di genitori troppi rigidi, fino ad arrivare alla manifestazione della sua malattia, capace di sconvolgerlo fisicamente ma non interiormente. Infatti, il poeta è rimasto sempre lo stesso: l’uomo che guarda le cose con lo spirito e lo sguardo stupito, che osserva ogni paesaggio intorno a sé e che attraverso la sua più grande passione è riuscito a trovare un compimento e a rinascere in ogni persona che legge uno dei suoi capolavori. La vita è compimento e il compimento non morirà mai, ma vivrà grazie all’arte di rinascere.

Teresa Cima (5B LSA) – compito svolto in classe

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